Fincantieri, ipotesi di accordo
Chiatta e 330 in "eccedenza"

Dopo una maratona di oltre 10 ore di trattativa azienda-sindacati raggiunta un'intesa per una commessa per 7 mesi di lavoro nessun "esubero" e 60 uscite volontarie, con una mission legata alla realizzazione del ribaltamento a mare. Ma l'ultima parola spetta ai lavoratori convocati in assemblea in mattinata a Sestri

Giulio Troccoli Fincantieri, foto Gianfranco Sansalone
Pare sia finito con un accordo di massima da sottoporre all'assemblea dei lavoratori in mattinata il lungo incontro - oltre dieci ore nella sede di Confindustria Genova - l'incontro tra Fincantieri e sindacati l'ncontro per tentare di sbloccare la lunga vertenza che da oltre un anno oppone i vertici aziendali ai lavoratori per la salvezza dello stabilimento. Secondo quanto si è saputo, l'ipotesi che si è raggiunta - e che deve essere approvata dai lavoratori - è frutta di un compromesso che è stato molto difficile raggiungere, con la novità che per la prima volta è stata firmatga unitariamente dai tre sindacati sindacali di categoria.

Secondo quanto si è appreso, contro i 337 lavoratori in "esubero" ipotizzati dall'azienda, si sarebbe arrivati all'ipotesi 330 in "eccedenza temporanea", ovvero legati alla situazione contingente e non a una situazione definitiva che non avrebbe lasciatoi scampo: uscita dall'organico e messa in mobilità con scarse possibilitàdi rientro. Inoltre, 60 le possibili uscite in mobilità volontaria per accedere, possedendo i requisiti necessari, alla pensione o a “uscite” volontarie agevolate.

Per quanto riguarda la mission produttiva, sarebbe stata accettata l'ipotesi aziendale: navi da crociera, grandi manufatti con l’officina, navi speciali come la chiatta semisommergibile che, da settembre, consentirà sino ad aprile 2013 la ripresa del lavoro a scaglioni. Primi a rientrare i lavoratori del primo ciclo produttivo in cassa da ottobre 2010. Da aprile a settembre, finita l'Oceania in consegna, in cassa dovrebbero andare tra i 500 e i 600 lavoratori. Rimane aperto il confronto sul ribaltamento a mare (il 27 febbraio è previsto un incontro a Roma) e sulla rartifica della definizione finale della mission del cantiere. Di certo questa non è l'ultima parola: di gran peso sarà la posizione dei lavorarori che sarà espressa domattina.

La trattativa tra Fincantieri e sindacati sull'accordo per il futuro dello stabilimento e dei lavoratori era impostata per continuare a tempo interminato nel corso della notte. Dopo la ripresa delle 18, il confronto era andato avanti punto per punto. Raggiunto al telefono poco prima delle 22, il segretario genovese della Fiom ci aveva detto solo una frase: «Siamo in riunione e non so come andrà a finire».

La partita tra Fincantieri e sindacati, da quello che si era potuto sapere da quanto era stato riferito in una pausa dal componente della Rsu Giulio Troccoli, si giocava su un aggettivo da inserire nel testo del verbale d'intesa da sottoporre, all'assemblea dei lavoratori già fissata nel cantiere di Sestri per domattina alle 10. L'aggettivo  era “esuberi” o in alternativa “eccedenti”. Riferito a 370 lavoratori. L'azienda aveva messo sul tavolo il primo. La Fiom, e stavolta anche la Fim-Cisl e la Uilm-Uil avevano fatto muro con il maggiore sindacato di categoria presente nella navalmeccanica, decisi a non mollare mollano e se i 370 di partenza (poi diminuiti) non fosserro stati considerati “eccedenti” non avrebbero firmato l'accordo.
La differenza non era solo semantica. Nel primo caso sarebbero stati espulsi dagli organici, messi in mobilità e abbandonati al loro destino. Nel secondo sarebbero rimasti dipendenti, usufruendo degli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione a rotazione, potendo sperare nel futuro.

 Era stata questa una delle prime notizie emerse, dopo le prime cinque ore di trattativa aperta nella sala al terzo piano del palazzo della Confindustria genovese a Brignole tra l'azienda e i sindacati in quello che si era subito configurato come un incontro capace di sbloccare la partita o far ripartire la lotta – che dura da oltre un anno appoggiata dal Comune, dalla Regione e dalle altre istituzioni cittadine - per salvare lo stabilimento genovese del Gruppo Finmeccanica.

Poco dopo mezzogiorno da un lato del tavolo si sono seduti per l'azienda il braccio destro dell'amministratore delegato Bono, Marcello Sorrentino, giunto da Roma; il responsabile dei capi del personale Andrea Colombo, il direttore del cantiere sestrese Leboffe e il suo responsabile del personale Grillo. Dall'altro, per la Fiom-Cgil il coordinatore nazionale della cantieristica Alessandro Pagano; il segretario provinciale Franco Grondona, quello genovese Bruno Manganaro, Giulio Troccoli della Rsu. Per la Fim-Cisl il segretario nazionale Manticco, quello provinciale Antonio Apa, il responsabile della cantieristica ligure Cipolla. Per la Uilm-Uil il segretario nazionale Mario Ghini, e altri dirigenti liguri e genovesi.

Due sostanzialmente le novità subito giocate dall'azienda. La prima il lavoro. La Fincantieri aveva messo in campo la costruzione di una chiatta autoaffondabile (una sorta di superbacino galleggiante, con poppa e prua) con l'impiego di 300 persone per sette mesi di lavoro. «Considerando che l'Oceania – aveva spiegato un delegato della Rsu – è quasi pronta e nonostante le nostre 180 ore di sciopero in sei mesi a oggi ha solo un mese di ritardo sulla tabella di marcia, farà le prove in mare il 16 marzo e può essere consegnata il 20 aprile, noi da maggio siamo pronti a qualunque nuova commessa con tutta la nostra forza lavoro di circa 750 persone».

La seconda novità, la definizione della mission. Nel documento proposto dalla Fincantieri, l'affermazione che lo stabilimento, una volta completato il ribaltamento a mare, può dedicarsi alla realizzazione di tre tipologie produttive: le navi da crociera, la carpenteria e le navi speciali (ovvero quelle come la chiatta già ipotizzata, quelle ad alta tecnologia, le navi di cui si era già parlato in passato legate all'adattamento del cantiere).

«La cosa certa – aveva detto Troccoli verso le 17, durante la breve informativa data alla delegazione di operai che ha presidiato l'ingresso del palazzo della Confindustria fin da mezzogiorno – è che la Fiom non firmerà nessun documento in cui ci sia scritta la parola “esubero”. Questo lo abbiamo detto chiaramente fin dal principio e non torniamo indietro». Un concetto su cui si era registrata la convergenza anche del segretario della Fim Cisl Antonio Apa e della Uilm Mario Ghini. I lavori sono ripresi intorno alle 18 con la prospettiva di arrivare alla definizione di un'intesa o di sfiorare la rottura. Oppure di arrivare a un documento da sottoporre ai lavoratori lasciando aperta la trattativa senza chiudere le porte a un nuovo confronto. Nel frattempo le cose che si sono aperte - con lo spettro di 370 posti di lavoro in pericolo - sono state la ripresa di una nuova durissima fase di lotta, la messa a rischio della consegna di una nave quasi pronta e, nel caso in cui invece un accordo si raggiunga e venga ratificato, la necessità che il bando per la realizzazione del ribaltamento a mare diventi un'urgenza da risolvere con rapidità da parte delle autorità, a cominciare da quella portuale.
Genova, 16 febbraio 2012
Ultimo aggiornamento: 16/02/2012
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