Il Cibo nell’evoluzione dell’uomo
La lezione di Francesco Cavalli Sforza

L a dieta umana è cambiata molto negli ultimi milioni di anni. Ecco le ragioni del perché alcuni di noi hanno la pelle bianca e altri no, del perché c’è chi digerisce il latte e chi lo trova indigesto. Un viaggio nel tempo e nel nutrimento raccontato dal docente di antropologia per la Storia in Piazza

Testo Alternativo
Da quando i primi esemplari dei nostri progenitori, completamente bipedi, si diffusero su tutto il pianeta, partendo dal continente africano, con le mani non più impegnate nel cammino, ma nella spasmodica ricerca di cibo, ci siamo mangiati praticamente tutto ciò che si muove. Lungo la strada che ci ha portato a conquistare l’Eurasia prima, l’Australia e le Americhe poi, abbiamo saputo modificare le nostre abitudini alimentari, arricchendo con la carne la dieta prevalentemente vegetariana di quando vivevamo come gli scimpanzé. Cibi che abbiamo reso digeribili e buoni cucinandoli sul fuoco. Il nostro corpo, la nostra intelligenza si sono forgiati non solo nelle difficoltà del viaggio ma anche in ragione delle diete che, di volta in volta, siamo stati costretti ad adottare.

Oggi, ha spiegato Francesco Cavalli Sforza, in una sua lezione dal titolo “Il cibo nell’evoluzione dell’uomo”, nell’ambito de La Storia in Piazza 2014 in corso a Palazzo Ducale, quell'avventura non è ancora finita, nonostante la popolazione dell’Homo Sapiens sia passata in pochi millenni da alcuni milioni a alcuni  miliardi. Una moltitudine che a quelle poche migliaia di individui sparuti del Corno d’Africa di raccoglitori e cacciatori deve, oltre l’aspetto fisico, anche l’opportunità di digerire, a differenza degli altri animali, quasi ogni cibo.  Le diete a cui erano condizionate le tribù in viaggio,  sempre sull’orlo dell’estinzione, a causa delle variazioni climatiche e delle instabilità ecologiche, sono stati i motori fondamentali per le diversificazioni umane. Il fatto che tutti in Europa abbiano la pelle bianca è strettamente connesso ad un fatto alimentare.

Gli agricoltori che, provenendo dal Medio Oriente hanno popolato il Vecchio Continente, coprendo i 3.000 Km del territorio in  cui si sviluppa in 3.000 anni, alla velocità media di un Km all’anno, si nutrivano di frumento. Un ottimo alimento che però non contiene vitamina “D” essenziale per lo sviluppo delle ossa. Nel frumento è però presente una sostanza l’ergosterolo la quale, sotto l’azione dei raggi del sole, si trasforma nella vitamina che allontana lo spettro del rachitismo. Una pelle chiara consente meglio di quella scura ai raggi del sole di raggiungere il sangue e di produrre vitamina “D”. Questa è la ragione per la quale solo gli europei hanno sviluppato una pelle molto chiara che aumenta al Nord. Però, fanno eccezione gli esquimesi che, cibandosi di foche e pesci, le cui carni sono ricche di vitamina “D”, hanno conservato il colore ambrato della pelle delle origini.

Un altro esempio è la tolleranza al lattoisio del latte che solo noi europei, e alcune tribù di pastori africani, siamo in grado di consumare perché possediamo il lattasi,  un enzima che generalmente il corpo cessa di produrre dopo lo svezzamento. Una mutazione che dobbiamo a una popolazione vissuta 6.000 anni fa nei monti Urali. In questo gruppo di persone il gene che interrompe la produzione di lattasi non si attiva mai.  Oggi, in Nord Europa quasi il 100% della popolazione adulta è in grado di digerire, la percentuale scende al 60% in Europa centrale e al 40% nel Mediterraneo.

In tutto il resto del Mondo solo i bambini sono in grado di digerire il latte, gli altri lo consumano trasformandolo, con l’aiuto dei batteri, in yogurt o formaggi. La dieta ha influito moltissimo anche sulla durata della vita. Fino a 200 anni fa l’attesa della morte si fissava intorno ai 20 anni. Oggi siamo a quota 80. Siamo stati in grado di produrre più cibo e migliore, conservarlo sano, con metodi di igiene fondamentale, a partire dall’abitudine, abbastanza recente, di lavarsi le mani prima di sedersi a tavola. Il resto lo ha fatto la medicina, ma il cibo ha sicuramente contribuito a migliorare la qualità e la durata della vita dell’uomo. Oggi, ha concluso Francesco Cavalli Sforza, i problemi sono diversi. L’Homo Sapiens” moderno ha diete fast food scarsamente variate, soffre di eccesso di cibo,  si nutre di alimenti alimenti troppo raffinati che soffrono degli inquinanti in circolazione nella biosfera, come pesticidi e metalli pesanti. Il cibo che si produce nel mondo, come dice ormai da un decennio l’Onu, potrebbe bastare per tutti, ma ogni anno un miliardo di persone mangiano troppo poco per avere una vita normale. Homo Sapiens sì, ma sino ad un certo punto.
12 aprile 2014
Ultimo aggiornamento: 12/04/2014
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