Porti e corridoi per l’Europa
Perché l’Italia non deve perdere il treno

Cinque tavoli monotematici per studiare i nuovi canali di trasporto e comunicazione tra gli stati dell’Unione. Il ruolo strategico delle città “gateway” come Genova e l’imprescindibile relazione con il mare. Questo e molto altro nel pomeriggio di lavori degli urbanisti

Testo Alternativo
La prima giornata di lavori nell’ambito di “Gateways”, la IX Biennale delle Città e degli Urbanisti Europei, è trascorsa all’insegna dello “studio matto e disperatissimo”. Dopo la sessione plenaria di questa mattina ai Magazzini del Cotone, con gli interventi delle istituzioni, sono andati in scena cinque workshop paralleli che hanno toccato i temi “caldi” della pianificazione delle città in funzione di un panorama sempre più interdipendente.

Come la relazione tra città e porto, tassello fondamentale per uno sviluppo strategico dei centri costieri: secondo Rinio Bruttomesso, direttore del Centro Internazionale Città d’Acqua di Venezia, «Genova è all’avanguardia nell’ambito della portualità nazionale, grazie anche al buon rapporto che intercorre tra pubblica amministrazione e Autorità Portuale». A livello internazionale, tuttavia, è forte la concorrenza messa in campo dalla rete nordeuropea: «È un problema di cui soffre tutta la portualità nell’Europa meridionale: serve meno concorrenzialità, e più divisione dei compiti tra le differenti macroaree».

Tra gli workshop più seguiti della giornata, quello dedicato alla pianificazione integrata dei corridoi di trasporto europei, in cui sono state analizzate le nuove direttrici di collegamento tra gli Stati dell’Unione. «In particolare - spiega il professor Lanfranco Senn, ordinario di Economia Regionale all’Università Bocconi di Milano - l’Italia è interessata dall’attraversamento di tre reti: il Corridoio 5, Lisbona-Kiev, noto per le vicende legate all’asse ferroviario Torino-Lione e alla realizzazione della Tav; il Corridoio 1, Berlino-Palermo, e il Corridoio 24, Genova-Rotterdam, anche conosciuto come “corridoio dei due mari”, in virtù del suo ruolo di collegamento tra due delle più importanti realtà portuali europee».

Genova, ha detto stamane il sindaco Marta Vincenzi, è una città “porta” per antonomasia, per tradizione e vocazione: coordinato da Franco Migliorini, uno dei più apprezzati esperti nel campo dei trasporti, il terzo tavolo di lavoro si è occupato del ruolo strategico delle città “gateway” in Europa. «Se prima erano i porti, poi gli aeroporti, ora sono le comunicazioni in rete a incidere fortemente sul posizionamento delle città nel ranking internazionale della gerarchia urbana - ha detto Migliorini - occorre che politiche locali, urbane e regionali, di concerto con le politiche europee pongano in essere condizioni di maggiore distribuzione dell’accesso e della connettività anche nei territori sfavoriti».        

La globalizzazione ha fatto sì che, nell’urbanistica contemporanea, si sia incominciato a parlare di “città regione” e “macroregioni”. Di questo si è dibattuto nel corso del quarto workshop, presieduto da Piero Bassetti, storico presidente della Regione Lombardia, dove sono stati illustrati alcuni casi interessanti: come quello del territorio del Randstad, nei Paesi Bassi, studiato già a partire dal 1999 dal Delta Metro Pool, associazione attualmente presieduta dall’architetto Paul Gerretsen. «Si tratta di una grande area circolare, priva di un centro nevralgico – ha spiegato l’urbanista olandese – ma luogo di interscambio tra quattro grandi città: Rotterdam, l’Aia, Amsterdam e Utrecht. Una grande città metropolitana, un sistema di rete per guadagnare in competitività nel sempre più globalizzato panorama continentale».

Lo studio della città in senso fisico va di pari passo con l’analisi della sua evoluzione demografica, soprattutto in un periodo in cui i grandi centri europei sono interessati da ampi fenomeni di immigrazione: Roberto Bobbio, urbanista genovese, ha coordinato il laboratorio dal titolo “Immigrazione e nuovi abitanti nelle città gateway – Casi Italiani”. Tanti gli esempi passati al vaglio, da Milano a Torino, da Roma a Genova. «La nostra città – ha detto Agostino Petrillo, docente di Sociologia urbana al Politecnico di Milano – è attraversata innanzitutto da uno spostamento delle zone di residenza degli immigrati: dal centro storico verso ponente. Questo è da ricondursi a ciò che in sociologia viene chiamato “carriera abitativa”: gli stranieri, all’aumentare del proprio benessere economico, si trasferiscono in zone che reputano migliori. Esiste si una ghettizzazione, ma rispetto ad altre città gli immigrati sono inseriti in un contesto più ampio».   
Genova, 15 settembre 2011
Ultimo aggiornamento: 15/09/2011
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